Non possiamo non ricominciare da qui di Fabio Sebastiani
Taranto, 1 luglio 2008 - Liberazione
Si ricomincia da qui: dai cancelli dell'Ilva di Taranto, la fabbrica più inquinata d'Europa, da questo impatto di rabbia e disperazione; dal quartiere Tamburi, dove non c'è portone senza il suo bel carico di morti per cancro o mesotelioma; alle voci e dai volti di tanti lavoratori delusi, giovani e meno giovani: «dalla destra e dalla sinistra», urlano, facendo scorrere il badge che apre "le porte dell'inferno".
Si ricomincia da qui: dalla realtà operaia che attraversa tutte le epoche e sembra non cambiare mai d'aspetto. Gli ultimi dati sui profitti dei Riva raccontano che il margine operativo lordo, l'indice che misura i profitti prima delle imposte, è praticamente il doppio di tutte le busta paga delle 12mila tute blu. Forse un'impresa siderurgica non ha mai guadagnato tanto come in questo caso.
Sono passate da poco le due del pomeriggio, il neosegretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero con i volantini sotto il braccio sta davanti al "cancello D". Il sole picchia impietosamente. A complicare le cose ci sono due incendi a poca distanza da qui che sprigionano un fumo denso e nero. Non ci vuole molto ad entrare nel confronto duro con i lavoratori che imboccano il cancello alla spicciolata e ributtano in faccia a Rifondazione comunista tutti i fallimenti dell'esecutivo Prodi. E, grazie all'equazione del "siete tutti uguali" che risuona in ogni alterco, anche dell'esecutivo Berlusconi. Già, perché come raccontano alcuni dipendenti dell'Ilva iscritti al Prc, davanti alle macchinette del caffè o negli spogliatoi si sente parlare solo di quanto Berlusconi pensi esclusivamente ai suoi interessi. Ferrero si è soffermato a parlare con loro, sottolineando di essere stato «per sette anni operaio della Fiat e di essere stato sempre al fianco degli operai». Ma il discorso del Prc sul "ricominciamo" non può partire da lì. Non puoi dire a un lavoratore che la situazione non va perché lui ha votato a destra.
Il punto vero oggi è l'Ilva, la sua nocività, i bassi salari, la precarietà dilagante. «E' l'intera vicenda della città», dice Ferrero. Sulla stampa locale è comparsa la lettera che Nichi Vendola ha mandato a Berlusconi proprio sull'emergenza ambientale a Taranto. «Bene - commenta Ferrero - ha fatto proprio bene». «I guadagni dell'Ilva sono talmente tanti che serviranno sia a risanare l'ambiente che a mettere in sicurezza gli impianti e, infine, a dare salari più alti ai lavoratori», aggiunge. Il sindacato sta per aprire all'Ilva una vertenza importante, quella per il rinnovo per il contratto aziendale. La richiesta piuttosto alta, circa 300 euro. E questo, paradossalmente, non rassicura i lavoratori, per i quali un imprenditore così generoso deve ancora nascere. «Siamo qui per intrecciare le lotte, in autunno contro i provvedimenti del governo Berlusconi e il tentativo di Confindustria di azzerare il contratto nazionale. Dobbiamo prendere i soldi da chi li ha e redistribuirli», dice Ferrero nel confronto con i lavoratori. «All'Ilva ci sono salari bassi, precarietà altissima e un numero di incidenti pazzesco. - ha continuato il segretario del Prc - È la dimostrazione di una situazione di sfruttamento enorme che si può cambiare. Saremo con i lavoratori nel fare la vertenza aziendale. Il lavoratore chiede 300 euro di aumento e ha ragione. E noi veniamo a dargli il nostro aiuto».Ogni tanto però rispunta fuori la politica «sì è vero - ammette il segretario del Prc - abbiamo praticato troppo le istituzioni e poco i posti di lavoro». «Cosa avete fatto per noi?», chiedono a brutto muso i lavoratori. «E la legge sull'amianto?», si sente domandare in tutti gli interventi. «Sono sempre stato di destra - dice un lavoratore - ma poi ho votato Prodi. Ed ecco il risultato». «Datevi una regolata», fa un altro, «Non pensate solo all'Alitalia». «Se ci sono tante critiche - commenta Ferrero - allora vuol dire che della svolta c'era bisogno». «Il punto, oggi, è entrare in sintonia con quanti ti dicono che destra e sinistra sono tutti uguali», aggiunge. La metafora dello "sporcarsi le mani" qui a Taranto potrebbe suonare scontata e anche un po' lugubre. Il desolforato ridipinge i muri dei palazzi e le pareti delle stanze. Tra Taranto e Brindisi, dicono le statistiche, viene prodotta il 75% della diossina di tutta l'Europa. «Basterebbe fare un volantinaggio più frequente, portare "Liberazione" di tanto in tanto», sottolinea un compagno. «Non è certo il massimo, ma almeno i lavoratori si sentirebbero meno soli». Ai "tempi d'oro" dell'Ilva si vendevano 2.500 copie de "l'Unità" e la sezione del Pci aveva 800 iscritti. Al Tamburi che oggi ha circa 20mila abitanti e non nasconde certo il suo volto proletario, vengono eletti tre consiglieri comunali e uno provinciale.
Tra autobus che strombazzano e automobili che intasano l'entrata del parcheggio, il "cancello D" a poco a poco torna squallido e solitario. Ma è solo la pausa tra chi entra e la nuova ondata di lavoratori che sta per uscire. Quasi nessuno ha voglia di parlare, ma Ferrero è sempre lì col suo bel pacco di volantini. I volti stravolti dalla stanchezza, gli abiti intrisi di sudore, le tute blu sfilano una ad una e il volantino se lo finiscono di leggere lungo i cento metri che le separano dal piazzale.
Un paio accettano di parlare delle condizioni di lavoro lì dentro. Le buste paga sono da fame e raramente sopra i 1.300 euro. Se l'asticella, come si dice, in qualche mese è un po' più alta è solo grazie agli straordinari, volontari oppure imposti. La prima malattia delle tute blu dell'Ilva è il super lavoro. I turni doppi sono la normalità. Il ricatto, del resto è totale. Anche perché con il sistema del sottoinquadramento è facile per la direzione ottenere ciò che vuole. L'operaio, in pratica, viene retribuito con un livello che non corrisponde mai alla mansione effettivamente svolta. E nessuno fiata. Del resto, in una situazione dove i lavoratori dichiarano di iscriversi alla Uilm, perché essendo il sindacato più vicino alla direzione è anche quello che dà maggiori garanzie cosa altro si può fare se non venire qui davanti e discutere a tu per tu?